Continua a scendere l'indice dei prezzi immobiliari che registra un calo su base annua del 18%.
Nonostante la correzione in corso a partire dal 2006 i prezzi rimangono comunque circa il 30% superiori a quelli che si registravano nel 2001 prima dell'espansione monetaria e di circa il 10% superiori al livello di crescita medio da quando l'indice viene rilevato.
Dal secondo grafico si possono trarre due considerazioni importanti per l'andamento futuro.
La prima riguarda il fatto che, nonostante i cali di oltre il 30% dai picchi del 2006, i prezzi nelle aree che più avevano vissuto il boom espansivo (Miami, Los Angeles) sono ancora superiori a quelli di aree come Boston, le quali avevano avuto un andamento meno sostenuto; ciò rafforza la tesi che i prezzi possano ancora scendere.
La seconda osservazione riguarda l'andamento preoccupante dell'indice di Detroit, il quale, pur essendo cresciuto negli anni scorsi a livelli inferiori alla media, è ora ritornato addirittura sui livelli del 1998 aumentando le preoccupazioni sul fatto che in futuro il mercato immobiliare possa entrare in una seconda fase di declino, guidata stavolta dalla crisi economica ed occupazionale del paese.
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Investimenti immobiliari ancora in calo
Negozi sfitti
E' sceso dello 0,2% nel mese di novembre il reddito medio americ
ano, mentre il calo per quanto riguarda il reddito disponibile è stato dello 0,1%.
Come si nota dal primo grafico continuano a scendere i consumi, in calo dello 0,6%, mentre cresce la quota di reddito destinata al risparmio il quale raggiunge il 2,8% del reddito disponibile.
Una possibile buona notizia sembra però arrivare dal fronte dell'occupazione, infatti dopo ben dieci mesi tornano in positivo le retribuzioni reali; se questa tendenza dovesse essere confermata nei prossimi mesi potrebbe trasformarsi nel primo tassello di una possibile ripresa, nella quale però sono in pochi al momento a credere.
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Risparmio o consumo?
Personal income and outlays sett-08
Il grafico a fianco mostra la durata in mesi delle recessioni passate e la corrispondente contrazione in termini di prodotto interno lordo.
E' interessante notare il fatto che pur essendo iniziata ben dodici mesi fa, l'attuale recessione ha comportato solamente una contrazione dello 0,1% del prodotto interno lordo.
Sono però disponibili solamente i dati relativi al terzo trimestre di quest'anno, mentre molto più significativi saranno quelli relativi al quarto trimestre che verranno pubblicati il 30 gennaio 2009.
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Mercato immobiliare e recessione
Un confronto con il passato
Recessione al 100%
Ancora negativi gli indicatori economici americani, il leading index, uno degli indicatori più strettamente correlati con la crescita economica, è sceso a novembre dello 0,4% rispetto ad ottobre e del 3,7% rispetto a novembre 2007, un calo che non si verificava dalla recessione del 1990-91 la quale portò ad un calo del prodotto interno lordo dell'1,25%.
Analizzando le diverse componenti dell'indice emerge una situazione addirittura peggiore, dal primo grafico possiamo notare infatti che, negli ultimi tre mesi, le sole componenti positive sono ancora quelle monetarie, e principalmente la crescita dell'aggregato monetario M2 il quale, da solo, ha apportato un contributo positivo pari a 1,76 punti dell'indice.
Contrariamente a quanto è sempre accaduto in passato, recentemente questa crescita non si trasferisce all'economia reale in quanto le istituzioni finanziarie stanno, per il momento, accumulando riserve, come mostra il secondo grafico, annullando quindi il possibile effetto positivo derivante dall'aumento dell'offerta di moneta.
Se consideriamo questo aspetto ed andiamo ad eliminare questa componente dall'indice il calo rispetto all'anno precedente passa dal 3,7% al 5,4%, portandosi sui livelli della recessione del 1981-82, la quale fu più severa di quella del 1990-91 e comportò una contrazione del prodotto interno lordo del 2,71%.
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Leading indicators sett-08
All'apice della bolla immobiliare, il gigante dei fondi pensione della California, Calpers, prese una decisione fatale: investì aggressivamente denaro nel mercato immobiliare. Come risultato, è oggi uno dei maggiori proprietari di terreni edificabili in America. In parte a causa di questi investimenti, il Fondo Pensione del Pubblico Impiego della California (Calpers), sta lottando per evitare uno dei peggiori declini su base annua dalla sua nascita nel 1932. Calpers ha perso circa un quarto dei suoi attivi dal 1 luglio, l'inizio di quest'anno fiscale. Il problema arriva in un momento di incertezza per il più grande fondo pensione pubblico della nazione, il quale è senza due dirigenti di alto livello da circa sei mesi. Calpers è pronto a nominare un nuovo dirigente questa settimana, hanno dichiarato persone informate.
Calpers sta ora avvertendo le città, paesi e scuole della California, che potrebbero dover raccogliere più denaro per coprire i pagamenti delle pensioni che il fondo garantisce a 1,6 milioni di dipendenti statali. Alcuni paesi stanno già tagliando i servizi comunali, e qualcuno da già la colpa ai costi di Calpers. Calpers nelle ultime settimane ha previsto perdite del 103% sui suoi investimenti immobiliari nell'anno fiscale finito il 30 giugno. Questo perchè Calpers non ha solamente investito il suo capitale, ma miliardi di dollari presi in prestito e che ora devono essere rimborsati anche se l'investimento diminuisce. In alcuni contratti, l'80% del denaro investito da Calpers era preso in prestito.
L'ultima crepa: data la necessità di generare denaro contante, una controllata di Calpers in difficoltà di nome LandSource ha iniziato a vendere la terra durante il peggiore mercato immobiliare dell'ultima generazione. Calpers potrebbe potenzialmente perdere quasi 1 miliardo di dollari su LandSource, 2,5 miliardi di dollari in un contratto concluso all'inizio di quest'anno, ed una delle più quotate transazioni immobiliari degli Usa mai concluse. LandSource è ora sotto il controllo della magistratura a causa della bancarotta.
Con 239 miliardi di dollari in attivi a giugno, il portafoglio di Calpers era maggiore di quello dei fondi govenativi di Russia, Sud Corea, Dubai e Cile messi insieme. Negli ultimi anni, Calpers è diventato molto più aggressivo degli altri fondi pensione nell'effettuare investimenti non tradizionali, mercato immobiliare, azioni straniere, addirittura terre forestali.
A meno che il rendimento di Calpers recuperi entro giugno, il fondo prevede che i contributi che le amministrazioni locali versano come partecipazione al fondo potrebbero iniziare a salire a partire dal 2010, facendo così diminuire il denaro a disposizione per la spesa in servizi. Alicia Munnell del Center for Retirement Research, Boston College, dice che la recessione potrebbe coinvolgere altri fondi pensione. "Anche nello scenario migliore... i contribuenti vedranno comunque aumentare i contributi ai fondi pensione."
Calpers nota che le sue proprietà commerciali, i quali sono valutati in circa 6 miliardi di dollari, inclusa una buona parte del Time Warner Center di New York, non sono state colpite così gravemente come gli investimenti residenziali. Insieme, investimenti residenziali e commerciali rappresentano circa un decimo del portafoglio totale del fondo che si aggira intorno ai 182,6 miliardi di dollari. Il suo portafoglio immobiliare è sceso del 14,4% da settembre 2007 a settembre 2008, contro un incremento del 5,3% del benchmark di riferimento.
Calpers evidenzia anche il fatto di essere un investitore a lungo termine e può quindi recuperare le perdite in futuro, così come ha recuperato le perdite seguenti lo scoppio dela bolla dei tecnologici alcuni anni fa'. "Nessuno sul mercato sapeva quanto velocemente il mercato immobiliare sarebbe sceso, non la Federal Reserve, non il Tesoro", ha dichiarato Ted Eliopoulos, responsabile del portafoglio immobiliare di Calpers, in un intervista. Il fondo ha anche aggiunto "controlli e contrappesi" sulle decisioni riguardanti gli investimenti immobiliari, ha detto Mr. Eliopoulos. "Calpers ha sempre inteso imparare dalle recessioni", ha dichiarato.
I dettagli dei contratti immobiliari di Calpers, e l'identità di alcuni costruttori immobiliari sui quali ha investito, stanno solo iniziando a venire alla luce. Questo perchè gli investimenti sono stati spesso effettuati tramite imprese con nomi opachi come "Fondo Sentiero di Crescita Focolare Domestico", e Calpers non rilascia dettagli di molte delle imprese di sua proprietà.
Negli ultimi anni Calpers ha investito in:
Tre grandi lotti vicino Phoenix, uno dei mercati più colpiti della nazione. Il mese scorso, Calpers ha abbandonato uno dei tre progetti, dopo aver investito 140 milioni di dollari. Su uno degli altri, per iniziare ad avere un rendimento, il partner nell'investimento ha recentemente iniziato a vendere l'acqua proveniente dalla terra di proprietà. Un imponente blocco di terreni con una capienza di circa 8000 unità immobiliari vicino al piccolo paese di Mountain House, California, il mercato più "sottacqua" di tutta la nazione. (Circa il 90% dei proprietari di casa hanno un mutuo superiore al valore corrente delle proprie case, secondo FirstAmerican Corelogic.) Al 30 giugno, Calpers valutava l'investimento in negativo di 305 milioni di dollari, il che riflette il fatto che è stato ripagato del denaro preso in prestito per l'investimento. Circa 10000 acri vicino a Jacksonville, Florida. Il piano prevedeva la vendita di legno dalla proprietà, insieme ai lotti residenziali. Ma a causa del collasso del mercato immobiliare potrebbero passare cinque anni prima che si possano vendere i primi lotti.
Un solo anno particolarmente brutto per gli investimenti può avere serie conseguenze per il sistema previdenziale della California. Calpers ha recentemente stimato che se le sue perdite per l'anno fiscale corrente saranno superiori al 20%, ciò significherebbe un aumento dal 2% al 5% dei contributi nella busta paga dei lavoratori. Attualmente, i contributi pagati da un lavoratore pubblico sono il 13% della busta paga, ha dichiarato Calpers, il che è gia nella fascia alta dei fondi pensione pubblici, secondo gli analisti del settore. un aumento del 5% sarebbe il più grosso dai tempi della bolla dei tecnologici.
Le perdite nell'immobiliare non sono la ragione principale per la quale Calpers è nei guai. Il suo calo più significativo proviene dal mercato azionario: il suo portafoglio azionario è in calo del 41% in quest'anno fiscale. Ma Calpers ha indirizzato meno denaro nell'obbligazionario e circa il doppio nell'azionario e nell'immobiliare che la media dei fondi pensione, secondo i documenti di Calpers ed un'indagine del settore. Capers diventò più aggressivo nell'immobiliare dopo la bolla dei titoli tecnologici del 2000-2002. I suoi dirigenti decisero di aumentare gli investimenti nel mercato immobiliare e su quello azionario, trasferendo denaro da investimenti più sicuri, ma meno remunerativi, come le obbligazioni. Robert Carlson, un ex dirigente che ha lasciato il consiglio di amministrazione all'inizio dell'anno, dichiarò pubblicamente ai tempi: "Noi crediamo che non prendere rischi è il più grande rischio che si possa prendere".
Gli acquisti di terreni edificabili sono tra gli investimenti più rischiosi nel settore immobiliare. Non solo una proprietà può perdere di valore velocemente, ma, a differenza per esempio di un'azione, i terreni possono rimanere invenduti per mesi o anni. Amplificando il rischio, molti degli investimenti in terreni di Calpers sono stati fatti utilizzando denaro in prestito. Investire denaro preso in prestito funziona da leva: in un mercato in espansione, aumenta i rendimenti in quanto si guadagna non solo sul capitale proprio, ma su quello preso in prestito. Ma in un mercato calante, questa leva amplifica le perdite.
Per aiutarlo ad identificare gli investimenti più promettenti nel mercato immobiliare, Calpers si è rivolto ad un ristretto gruppo di soci con i quali aveva concluso dei contratti sin dal 1992, anche se su scala ridotta. "Gli investimenti inizialmente funzionarono a meraviglia", dice Barry Gross, presidente di Developers Research, una ditta di Irvine, California, che fece da consulente per alcuni dei primi e più piccoli investimenti di Calpers nei terreni. "Calpers ha pensato, 'Se possiamo farlo con 300 case, perchè non farlo per 3000'".
Michael McCook, responsabile all'epoca degli investimenti immobiliari di Calpers, propose di aumentare i rendimenti investendo più capitale preso in prestito. "Dissi che poteva aiutare durante i tempi buoni, ma che avrebbe peggiorato la situazione nei tempi cattivi", Mr. McCook ricorda di aver dichiarato in consiglio di amministrazione nel 2002. Investire denaro preso in prestito è normale nelle società di investimento edilizio. Mr. McCook dice che era convinto che Calpers sarebbe stato in svantaggio nel gareggiare per una fetta di questi contratti se non avesse migliorato i rendimenti tramite questa via.
Calpers aveva già fatto uso di denaro preso in prestito in contratti riguardanti proprietà commerciali. Tra il 2001 ed il 2002 aveva aumentato il limite permesso dal 25% al 50%. Nei contratti di investimento nelle proprietà residenziali, tradizionalmente Calpers non faceva uso di denaro preso in prestito. Ma nel 2005, venne autorizzato il ricorso ai prestiti per i contratti residenziali ad una media del 60%. Siccome la media viene applicata all'intero portafoglio immobiliare di Calpers, alcuni contratti raggiunsero l'80% di prestiti, ricorda Mr. McCook. Un livello molto più aggressivo di molti altri fondi pensione o imprenditori edili, secondo consulenti del settore e costruttori. Secondo Calpers gli altri fondi pensione hanno investito denaro preso in prestito nella stessa misura. L'incremento del ricorso al prestito corrisponde con il picco del mercato immobiliare. Nel 2004 e 2005 i prezzi delle case aumentarono anche fino al 30% in alcune aree.
Fino all'anno scorso, la strategia di Calpers funzionava. Attraverso i suoi soci il fondo concluse molti grossi e complessi contratti con imprenditori edili. La media dei rendimenti sugli investimenti immobiliari dal 2004 al 2006 è stata addirittura del 16%. In un classico contratto Calpers forniva i fondi ai suoi cosi, i quali compravano i terreni in accordo con il costruttore. La maggior parte dei fondi arrivava da Calpers, mentre il costruttore apportava tra il 10% ed il 15%, in cambio del diritto a comprare l'intera proprietà. Questo permetteva essenzialmente ai costruttori di controllare i terreni senza dover appesantire i propri bilanci. Mentre Calpers sperava di ottenere dei buoni rendimenti dalla vendita della terra ai costruttori in un mercato in crescita. I soci di Calpers lavoravano con imprenditori edili di grosse dimensioni come Hovnanian Enterprise Inc. e Beazer Homes USA, secondo due persone informate.
Quando il mercato immobiliare cambiò direzione, contratti che un tempo sembravano ottimi iniziarono a rivelare la loro parte oscura, in quanto Calpers aveva accettato termini di contratto che lo esponevano a rischi maggiori in caso di un mercato al ribasso. Per esempio, Calpers garantì per un prestito di 1,7 miliardi di dollari relativo a più contratti. Normalmente, il garante è il costruttore, il che significa essere soggetti a fallimenti. Essendo garante, Calpers usava la sua solida reputazione per ottenere minori costi sui prestiti. Ma ora, che i progetti sono in difficoltà, la garanzia significa per Calpers immettere nuovi fondi per progetti i quali sarebbe forse preferibile abbandonare. Più il mercato immobiliare cresceva, più i contratti aumentavano di valore. Il più grosso fu LandSource, l'investimento da 2,5 milioni di dollari ora in bancarotta.
Per LandSource, Calpers si unì a Lennar Corp., il gigante delle costruzioni con base a Miami. Lennar era conosciuto nel settore per il suo uso sofisticato dei contratti. Il contratto LandSource prese forma nel 2006, quando Victor MacFarlane, uno degli investitori di lunga data di Calpers, chiese a Lennar se fosse interessato a vendere una grossa parte dei suoi 15000 acri di terreno a Newhall Ranch, al nord di Los Angeles. I co-proprietari di Newhall Ranch, Lennar e LNR Property corp., un'unità di Cerberus Capital, erano intenzionati a vendere. Nello stesso periodo, l'amministratore delegato di Lennar, Stuart Miller, suggeriva che il gia debole mercato immobiliare avrebbe potuto peggiorare. In una conferenza nel settmbre 2006 egli, a proposito degli acquisti immobiliari, dichiarò: "Al momento non ci sono i presupposti di una qualche opportunità di acquistare qualcosa di strategico". Il contratto LandSource si compose quindi di 970 milioni di dollari di una società fondata da Calpers, e 1,5 miliardi di dollari in prestito. Lennar e LNR ricevettero 707 milioni di dollari in contanti ed il 16% delle partecipazioni a testa. La società di Calpers, che era diretta da Mr. MacFarlane e da Weyerhauser Realty Investor, un'unità del gigante della produzione di legname, ottenne il 68%. Mr. MacFarlane, l'uomo che propose il contratto, aveva un'ottima reputazione all'interno di Calpers. "Victor MacFarlane era molto conosciuto e rispettato dai membri del consiglio di amministrazione e dall'amministratore delegato", dice Russell Read, responsabile ai tempi degli investimenti di Calpers, che abbandonò a giugno ed ora dirige la C Change Investments, la quale investe in aziende che promuovono tecnologie per la protezione dell'ambiente. Mr. Read si prende la responsabilità per aver dato il via libera al progetto LandSource. "Abbiamo basato il nostro giudizio sulla ricerca, sul nostro giudizio personale e sulle esperienze passate di MacFarlane", dichiara. Si rivelò un brutto momento per l'acquisto di terreni. Nell'estate del 2007, solo pochi mesi dopo la conclusione di LandSource, il mercato immobiliare americano iniziò la sua storica caduta. LandSource entrò in bancarotta all'inizio di quest'anno. Mr. MacFarlane ha rifiutato ogni commento. Ma in passato da dichiarato di essere stato al corrente che il mercato era in declino ma che vedeva LandSource come un investimento a lungo termine che avrebbe dato i suoi rendimenti dopo una decina di anni o più. Un portavoce di Calpers ha recentemente dichiarato: "Stiamo monitorando LandSource nel processo per bancarotta e proteggendo i nostri interessi". Un avvocato di LandSource ha detto che l'impresa ha pianificato di vendere delle piccoli porzioni di terreno, ma di preservare il grosso di Newhall Ranch.
A seguito delle perdite, Calpers sta portando avanti dei cambiamenti riguardanti il processo decisionale. Nel febbraio 2007, poco dopo l'insediamento di Mr. Eliopoulos a capo del settore immobiliare di Calpers, il gruppo ha posto delle nuove regole richiedendo che i contratti siano esaminati tre volte, da un comitato interno, una fiduciaria indipendente ed alla fine da un consulente esterno. In precedenza, la gran parte della supervisione proveniva dallo staff o da consulenti di Calpers. Calpers sta creando un nuovo database per seguire più da vicino "contrappesi e diversificazioni" nel portafoglio immobialiare. Sta anche proponendo di ridurre l'ammontare massimo di denaro preso in prestito da poter utilizzare nei contratti immobiliari, e di ridurre le garanzie sui prestiti. Secondo George Diehr, vice presidente di Calpers, in futuro il fondo avrà meno fondi investiti nell'immobiliare, anche se questo è parzialmente dovuto al fatto che le sue proprietà sono scese di valore. "Certamente rimane la possibilità che altre proprietà vengano messe in vendita", ha dichiarato. "Stiamo facendo le analisi in questo momento".
Risky, ill-timed land deals hit Calpers
vedi anche:
L'orso morde i fondi pensione
Continuano a peggiorare i fondamentali economici della valuta americana, l'ammontare del debito internazionale americano è in ottobre salito del 6,26% rispetto al mese precedente, superando ulteriormente l'aumento record del 4,06% già verificatosi a settembre.
Il debito pubblico, soprattutto quello internazionale, è uno degli elementi economici fondamentali per quanto riguarda i rapporti di cambio, in quanto ad un suo aumento probabilmente segue un indebolimento della valuta di riferimento in maniera da renderla più appetibile sui mercati internazionali del credito.
Come si nota dal grafico, aggiornato ad ottobre, il cambio del dollaro nei confronti dell'euro non ha invece ultimamente rispettato queste aspettative ma è probabile, nel caso il debito continuasse a salire come tutto lascia prevedere, che il dollaro possa indebolirsi nuovamente.
vedi anche:
Nel dollaro non crediamo
Ancora non arrivano segnali di ripresa dall'economia americana, anche i dati sulle variazioni delle scorte nel mese di ottobre non lasciano intravedere per il momento un periodo positivo.
Seppur siano scese rispetto al mese precedente dello 0,6% le scorte rimangono infatti elevate in quanto a crollare sono soprattutto le vendite, scese del 3,5% rispetto a settembre, un record negativo dal 1992 ad oggi.
Nei grafici a fianco, i quali riportano le variazioni rispetto all'anno precedente, si può infatti notare come ad un calo verticale delle vendite deve ancora far seguito una conseguente riduzione delle scorte, almeno per quanto riguarda la produzione ed il commercio all'ingrosso.
Il presidente dell'Ecuador Rafael Correa ha annunciato il mancato pagamento degli interessi sul debito che avrebbero dovuto essere versati venerdì. L'Ecuador è così tecnicamente in default per la terza volta negli ultimi 14 anni.
Le preoccupazioni degli investitori internazionali non sono però rivolte soltanto al debito dell'Ecuador il quale è relativamente piccolo e si assesta intorno ai 3,9 miliardi di dollari contro i 100 miliardi di debito del default dell'Argentina nel 2002.
Ad incutere timore sugli investitori sono invece le dichiarazioni di Correa il quale ha giustificato il default definendo il debito "immorale ed illegale" e portando a sostegno di questa tesi uno studio effettuato dal ministero dell'economia sull'andamento del debito in 30 anni (dal 1976 al 2006).
Permangono quindi i dubbi che non si tratti semplicemente di un default come ne sono accaduti in passato per mancanza di fondi, ma, dopo la statalizzazione dei fondi pensione privati in Argentina, di un altro passo nel processo in atto in Sud America di dismissione del sistema economico-finanziario(per il momento) e monetario (in futuro) di stampo americano.
documenti:
Auditoria de la deuda interna publica del Ecuador
vedi anche:
L'Argentina nazionalizza i fondi pensione
Il Regno Unito è diventato peggiore in quanto a rischio di credito che McDonald's e un gruppo di altre grandi compagnie, rivela un grafico prodotto per The Independent.
Il collasso nel rischio di credito del Regno Unito si è verificato negli ultimi due mesi e mezzo, da quando il governo garantì il sistema bancario e decise di contrastare la recessione. Investire nel debito pubblico britannico è al momento circa due volte più rischioso che comprare obbligazioni di McDonald's, secondo il mercato dei credit default swaps, i quali garantiscono un'assicurazione agli acquirenti di questi titoli.
Il debito pubblico delle grandi economie come il Regno Unito è normalmente considerato più sicuro delle obbligazioni corporate. Malgrado ciò, il 29 settembre, il costo per acquistare l'assicurazione contro il default a cinque anni del Regno Unito è diventato più caro che l'assicurazione equivalente per la catena di hamburger statunitense ed ha successivamente superato Kellog's e Coca-Cola, secondo i dati di Bloomberg.
Il costo di assicurazione sul debito del Regno Unito è aumentato in quella data, in quanto il governo nazionalizò Bradford & Bingley, incrementando il pericolo che lo stato avrebbe dovuto salvare l'intero sistema bancario.
Il costo per assicurarsi per un anno contro il rischio di default a cinque anni di 10 milioni di sterline è salito da meno di 30000 sterline a 120000, rispetto ad un prezzo di 77000 sterline per proteggersi contro il default di McDonald's.
Il costo dell'assicuraione contro il default sui titoli del debito pubblico aumentò di nuovo a metà ottobre dopo che il governo annunciò il suo piano di salvataggio senza precedenti del sistema bancario, che ha visto la Royal Bank of Scotland già in parte nazionalizzata.
I movimenti straordinari nel mercato dei CDS rifletto anche le preoccupazioni riguardanti l'alta leva finanziaria dell'economia britannica, che sta scivolando verso una recessione che secondo il Fondo Monetario Internazionale potrebbe essere peggiore che negli Stati Uniti.
Il mercato dei CDS si è dimostrato discutibile da quando si è allargata la crisi finanziaria in quanto esso ha accresciuto i campanelli di allarme riguardanti la salute finanziaria delle compagnie, ma allo stesso tempo esso è opaco ed illiquido ed è diventato un mezzo per scommettere contro le compagnie stesse da parte degli speculatori. Gli investitori usano anche i CDS per proteggersi contro altri rischi come il prezzo delle azioni, il che significa che i prezzi possono riflettere anche altri fattori oltre al rischio di credito.
Ma gli analisti dicono che il cambio drammatico nel rischio di credito del debito del Regno Unito rappresenta comunque un forte cambiamento della fiducia degli investitori nell'economia britannica. Il costo per assicurarsi similmente contro il default della Germania è di 51000 sterline, inferiore a quello del Regno Unito, della Francia costa 61000. Il Regno Unito è ritenuto più sicuro dell'Italia che costa 191000 sterline e della Russia, i cui CDS contano 784000 sterline.
Sean Corrigan, capo-investimenti a Diapason Commodities Management in Svizzera, dice: "Per il Regno Unito avere questo rischio di credito è in qualche maniera assurdo ma il mercato sta usando questi strumenti per esprimere la sua visione riguardo la posizione finanziaria di alcuni paesi. Questo è accaduto da quando la situazione finanziaria è peggiorata ed i passi presi dalle autorità fiscali e monetarie sono diventati meno responsabili."
La Banca d'Inghilterra ha invertito la rotta da settembre, riducendo il tassi di interesse tre volte fino al 2%, il tasso più basso dal 1951, con i mercati che prevedono che i tassi possano scendere fino a toccare lo zero fintanto le autorità cercano di sostenere le economie e contrastare la deflazione. Il mese scorso il Cancelliere ha annunciato che il governo aumenterà la spesa e ridurrà le tasse a breve termine per cercare di fermare una lunga e profonda recessione.
Il mercato liquido del debito da un'immagine differente, con il Regno Unito ritenuto più sicuro che McDonald's e altre compagnie. Gli analisti dicono che questo potrebbe in teoria indurre gli investitori ad effettuare arbitraggi tra i due mercati. "Sembra folle, è folle, ma rappresenta i compratori ed i venditori e come funziona il mercato dei CDS al momento".
Britain worse credit risk than McDonald's
Il Baltic dry index è un indice quotato a Londra sul Baltic Exchange che rileva l'andamento dei prezzi di spedizione tramite nave delle materie prime sulle rotte mondiali più utilizzate.
L'indice è forse uno dei migliori indicatori in tempo reale dell'attività economica e soprattutto di quella parte di economia che ha le sue fondamenta sulla globalizzazione dei mercati.
Nei grafici a fianco si può chiaramente notare che è proprio questa fetta di economia a soffrire maggiormente, l'indice ha infatti perso il 95% dai massimi registrati nel mese di giugno ed è ora su livelli minimi storici risalenti alla metà degli anni '80.
Possono sei mesi di crisi finanziaria cancellare vent'anni di globalizzazione?
Peggiora nuovamente la situazione occupazionale negli Stati Uniti con il tasso di disoccupazione che è salito nel mese di novembre al 6,7%.
Nei grafici, i quali mostrano l'analisi dei dati a seconda delle fasce di età, si evidenzia il fatto che ormai la perdita di posti di lavoro colpisce tutta la popolazione ad eccezione dei lavoratori con età superiore ai 55 anni.
Sono questi infatti gli unici ad essere aumentati nel corso dell'ultimo anno, registrando un aumento del 3,36% rispetto al novembre scorso.
Questo fenomeno è probabilmente legato all'impoverimento delle famiglie americane, le quali reagiscono allungando la durata della vita lavorativa, soprattutto per quanto riguarda le donne le quali crescono infatti del 3,95% contro un 2,84% dei maschi.
Specularmente la fascia di età più colpita dalla disoccupazione è quella dei giovanissimi dai 16 ai 19 anni, i cui lavoratori maschi sono diminuiti dell'8,52% mentre le donne lavoratrici sono diminuite del 12,57% rispetto all'anno scorso.
vedi anche:
Durata della disoccupazione in aumento
L'occupazione non si crea dal nulla
Notavamo due mesi orsono (vedi qui) come il rating attribuito all'Italia fosse lo stesso attribuito all'Islanda fino al 17 aprile di quest'anno; da allora le agenzie di rating non hanno modificato il proprio giudizio lasciando l'Italia al livello A+ di Standard&Poor's.
Se non è cambiato il giudizio da parte delle agenzie di rating è invece, e di molto, cambiato il giudizio sul rischio di default dell'Italia da parte del mercato.
Il grafico mostra infatti l'impennata dei prezzi dei credit default swaps a 5 anni che assicurano contro il default della Repubblica Italiana, passati da circa 45 punti base di due mesi fa a circa 175 punti base.
Da notare anche il fatto che nella speciale classifica dei più trattati credit default swaps a livello mondiale, l'Italia è di gran lunga la prima, seguita dalla Spagna e dalla General Electric.
vedi anche:
Rischio default USA (pt. II)
Islanda a rischio default, e l'Italia?
Quando Benjamin Franklin fece ritorno in America nel 1762, dopo cinque anni trascorsi a Londra, fu impressionato dai prezzi delle case. "Il costo della vita è enormemente aumentato durante la mia assenza", commentò. "Gli affitti delle case ed il valore della terra... sono triplicati negli ultimi sei anni". Franklin, sembrerebbe tornare a casa nel mezzo di una bolla immobiliare. Che sarebbe alla fine scoppiata, innescando una crisi di liquidità ed una severa recessione che furono i fondamenti macroeconomici della rivoluzione americana.
Vi suona familiare?
I paralleli tra l'economia odierna e quella alla quale assistette Franklin hanno scaturito un dibattito tra gli storici: quanto fu importante il ruolo dell'economia, in rapporto agli ideali, nel fomentare la rivoluzione?
"Penso ci siano delle ragioni per dubitare che la rivoluzione sarebbe accaduta così come fece se non fossero state presenti queste condizioni dell'economia", dice Ronald W. Michener, professore di economia alla University of Virginia, staccandosi radicalmente dalla nozione popolare corrente che la rivoluzione fu principalmente un prodotto di grandi ideali riguardanti l'autogoverno.
Gordon S. Wood, professore alla Brown University e forse il più eminente storico vivente sull'argomento, controbatte: "C'era un alto livello di instabilità, ma ciò è difficilmente una spiegazione della rivoluzione. Non penso ci siano i presupposti per un'interpretazione economica della rivoluzione".
Il prof. Michener ed il suo collaboratore, Rober W. Wright, uno storico della finanza alla New York University, credono proprio in questo. Il duo ha lavorato per molti anni ad un manoscritto il quale sostiene che la rivoluzione americana fu il risultato diretto del malessere economico che seguì alla guerra franco-indiana.
Ora hanno un involontario lancio pubblicitario, la crisi finanziaria corrente, e l'editore, la Yale University Press, spera di pubblicare il libro entro la prossima primavera. "Ciò che ho scoperto è il fatto che le difficoltà monetarie che le colonie incontrarono non sono molto diverse dagli odierni problemi macroeconomici", ha dichiarato Michener. Per i coloni, come per noi, inizialmente ci fu un'espansione. Durante l'apice della guerra franco-indiana, che durò dal 1754 al 1763, il denaro fluiva nelle colonie, specialmente New York, dove la British Army aveva il suo quartier generale. Allo stesso tempo, il parlamento di New York emetteva una grande quantità di titoli di credito. Tutto quel contante sparso dappertutto provocò una messa in mostra eccessiva della ricchezza, in primo luogo da parte dei funzionari britannici, i cui standard di vita opulenti venivano imitati dai locali, specialmente a New York.
I prezzi delle case salirono durante la guerra. Ma quando il credito successivamente si restrinse, in parte anche grazie al divieto posto alle colonie di emettere carta moneta contenuto nel Currency Act del 1764, i proprietari immobiliari che non potevano pagare i propri debiti persero la loro terra. John Morton, lo sceriffo della Chester County in Pennsylvania il quale firmò la Dichiarazione di Indipendenza, confiscò 180 fattorie tra il 1766 ed il 1769.
Al cuore dell'argomentazione di Wright-Michener è che questa confluenza di circostanze economiche negative produsse la collera che poi si espresse nella ribellione contro lo Stamp Act ed altre tasse inglesi. In altre parole, il pricipale imputato fu il ciclo economico espansivo-recessivo; convinti che il loro futuro non era più nelle loro mani, i coloni poterono avocare il fantasma di John Loche, ponendo le basi per le argomentazioni di Tom Paine e della Dichiarazione.
Il professor Wood sostiene, al contrario, che mentre la risposta individuale alla causa rivoluzionaria fu parzialmente influenzata dalle circostanze economiche, le idee democratiche circolavano da tempo e vennero successivamente alla luce solo dopo specifiche azioni da parte degli inglesi, per esempio lo Stamp Act, il quale è largamente considerato l'atto che innescò la ribellione. E non erano solamente le condizione economiche ad essere mature: la popolazione coloniale stava crescendo più velocemente che la popolazione in Gran Bretagna, e Franklin intravise il giorno nel quale l'America sarebbe stata il centro dell'Impero Britannico. In aggiunta, siccome la proprietà era più facilmente acquisibile nelle colonie che in Gran Bretagna, l'America aveva un maggior numero di cittadini comuni, in rapporto ai nobili, con diritto di voto.
Certamente, gli economisti ammettono che gli ideali giocarono un ruolo nella storia, come gli storici degli ideali riconoscono l'esistenza di uno sfondo economico. Questi due professori stanno cercando di far recuperare un ruolo maggiore nella storia della rivoluzione agli eventi economici su larga scala in un momento nel quale gli storici si sono focalizzati sugli ideali. "Non stiamo cercando di rimpiazzare la visione ideologica", dichiara il professor Wright. "Stiamo affermando di avere un pezzo importante del puzzle".
Le interpretazioni nel racconto della storia oscillano come un pendolo. Nel 1913, Charles A. Beard scrisse il suo memorabile libro, "Un'interpretazione economica della Costituzione", nel quale presentava gli interessi economici dei fondatori come principale fattore del loro impegno nella rivoluzione. Circa mezzo secolo dopo, Bernard Bailyn, di Harvard, scrisse "Le origini ideologiche della rivoluzione americana", ponendosi come riferimento per coloro i quali considerano gli ideali come il vero impulso. Altri storici hanno enfatizzato gli atti eroici della gente comune, piuttosto che degli eroi storici.
Ma i problemi macroeconomici, al contrario delle mere politiche fiscali britanniche, non sono state al centro della narrativa negli anni recenti. "Entri a Barnes&Nobles e ci sono tutti questi libri enormi su Franklin, Jefferson", dice Edward Countryman, professore di storia alla Southern Methodist University e autore di "La rivoluzione americana", il quale fa risalire la ribellione a diverse trasformazioni piuttosto che ad un'unica causa. "Questi autori scontano la mancanza di qualsiasi tentativo di tenere in conto l'esperienza sociale".
Sicuramente, anche molti storici che si focalizzano sulle filosofie dei fondatori, incluso il professor Wood, sostengono che le forze economiche e sociali hanno avuto un ruolo. (Il professor Countryman dice che avere un'opinione precisa da parte del professor Wood è come cercare di afferrare "una trota coperta dall'olio d'oliva" perchè egli nei suoi libri include elementi sia di Beard che di Bailyn.)
"L'interpretazione dominante al momento è quella ideologica" dice il professor Wood. "Penso che il quadro complessivo sia abbastanza chiaro per ora. Ma ci sarà sempre una nuova generazione di storici in futuro." E nuove argomentazioni, senza dubbio.
Secondo la visione di Wright e Michener, se la politica monetaria britannica fosse stata diversa, e la recessione meno lunga, gli Stati Uniti avrebbero conquistato l'indipendenza solo gradualmente, come fu per il Canada, nel corso di più di un secolo.
E' un gioco divertente a "se fosse", ma per gli storici più inclini agli ideali le forze economiche del tempo verranno sempre dopo le parole di Jefferson e Madison.
"Stiamo vivendo una crisi molto seria proprio ora" dice il professor Wood, "ma nessuno parla di rivoluzione".
The Housing-Bubble and the American Revolution
Continua a scendere la spesa riguardante le costruzioni che in ottobre è calata dell'1,2% rispetto al mese di settembre, guidata soprattutto ancora una volta dal crollo del settore residenziale, sceso del 3,5% rispetto a settembre e del 23,6% rispetto ad ottobre del 2007.
Si mantiene invece, per il momento, stabile la spesa nel settore non residenziale il quale potrebbe però peggiorare nei prossimi mesi data la situazione economica negativa.
Dall'analisi delle quatto maggiori componenti della spesa privata non residenziale (uffici, edifici commerciali, edifici industriali e settore energetico) si nota infatti che il risultato degli ultimi mesi è influenzato in maniera decisiva da un aumento senza precedenti della terza e della quarta componente, verificatosi nel primo semestre di quest'anno; è probabile quindi che anche queste due componenti rallentino come già si è verificato per la spesa per edifici commerciali (in negativo da qualche mese) e per la spesa per uffici ormai prossima allo zero.
Per la prima volta nella storia nelle settimane dal 10 al 21 novembre lo spread tra i tassi swap a 30 anni ed i tassi sui titoli del tesoro trentennali è entrato decisamente in territorio negativo raggiungendo venerdi 21 novembre i 54 punti basi.
Questo significa che il mercato del credito ritiene, nel lungo periodo, più solvibili le istituzioni bancarie che il Tesoro Usa; considerando quanto già sia bassa al momento la fiducia nelle banche tutto ciò pone dei seri dubbi sulla sostenibilità del sistema nel suo complesso.
E' interessante notare che nonostante l'importante recupero messo a segno dai mercati la settimana scorsa, il differenziale, pur avendo recuperato leggermente, rimane comunque negativo; è invece sceso lo spread a 5 anni che è molto più strettamente legato alla volatilità dei mercati azionari.
vedi anche:
Rischio default USA
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