Ecco i 12 passi della deregulation verso la crisi finanziaria:

1. Abrogazione del Glass-Steagall Act e crescita della cultura dell'imprudenza

Il Financial Services Modernization Act del 1999 ha formalmente abrogato il Glass-Steagall Act del 1933 (anche conosciuto come Banking Act del 1933) e le relative leggi, le quali proibivano alle banche commerciali la possibilità di offrire servizi di investimento bancario e assicurativi. In una sorta di disobbedienza civile societaria, Citibank ed il gigante delle assicurazioni Travelers Group si fusero nel 1998, una mossa illegale al tempo, ma per la quale gli venne concessa una tolleranza di due anni, sicuri che sarebbero riusciti ad ottenere una modifica della legislazione vigente in futuro. Ci riuscirono. L'abrogazione nel 1999 del Glass-Steagall aiutò a creare le condizioni che hanno permesso alle banche di investire il denaro dei conti correnti in strumenti finanziari creativi come le obbligazioni garantite da mutui ed i credit default swaps, scommesse finanziarie che hanno messo a rischio l'intero mercato finanziario nel 2008.

2. Occultamento delle passività: contabilità fuori bilancio

Detenere attivi fuori bilancio generalmente permette alle società di nascondere gli attivi tossici o in perdita agli investitori in modo tale da far apparire la società più appetibile di quanto sia effettivamente. Le banche hanno usato operazioni fuori bilancio per detenere obbligazioni strutturate garantite da mutui. Siccome le obbligazioni erano detenute da una società esterna, le banche non erano tenute ad accantonare le riserve necessarie contro il rischio di default, rendendole così vulnerabili. Le operazioni fuori bilancio sono permesse dalle regole del Financial Accounting Standards Board varate seguendo le esortazioni da parte delle grandi banche. La Securities Industry and Financial Markets Association e l'American Securitization Forum sono tra le lobby che stanno ora bloccando la riforma di queste regole.

3. Il governo boccia la regolamentazione dei derivati finanziari

I derivati finanziari non sono regolati. Sotto tutti i punti di vista ciò si è rivelato un disastro, come l'avvertimento fatto da Warren Buffet che li ha definiti "armi di distruzione finanziaria di massa" aveva previsto. I derivati finanziari hanno amplificato la crisi finanziaria molto oltre i problemi inevitabili connessi all'esplosione della bolla immobiliare. La Commodity Futures Trading Commission (CFTC) ha giurisdizione sui contratti future, le opzioni e gli altri derivati legati alle merci. Durante l'amministrazione Clinton, la CFTC ha cercato di estendere i propri controlli sui derivati finanziari. L'agenzia fu schiacciata dall'opposizione del ministro del Tesoro, Robert Rubin, e, soprattutto, dal governatore della Federal Reserve, Alan Greenspan. Essi contestarono l'autorità giurisdizionale dell'agenzia; e sostennero che la regolamentazione avrebbe messo in pericolo l'attività finanziaria esistente che era già di considerevoli dimensioni (seppur ben lontana dai livelli correnti). Successivamente il consigliere del ministro del Tesoro, Lawrence Summers, dichiarò al parlamento che le proposte della CFTC "gettano un'ombra di incertezza su un mercato altrimenti solido".

4. Il parlamento blocca la regolamentazione dei derivati finanziari

La deregulation, o non regolamentazione, dei derivati finanziari fu sancita nel 2000, con il Commodities Futures Modernization Act (CFMA), il passaggio del quale fu diretto dall'allora senatore Phil Gramm, R-Texas. Il Commodities Futures Modernization Act esime i derivati finanziari, inclusi i credit default swaps, dalla regolamentazione ed aiuta a creare l'odierna crisi finanziaria.

5. Il regime di regolamentazione volontaria per le banche d'investimento della SEC

Nel 1975, la divisione negoziazioni e mercati della SEC promulgò un provvedimento che obbligava le banche d'investimento a mantenere un rapporto tra debito e capitale netto inferiore a 12. Vietò la negoziazione di titoli se questo fosse stato superiore, perciò molte società mantennero un rapporto molto inferiore. Nel 2004, invece, la SEC cedette alle pressioni delle grandi banche d'investimento, guidato dalla Goldman Sachs ed il suo direttore di allora, Henry Paulson, e autorizzò le banche d'investimento a sviluppare i propri requisiti riguardanti il capitale netto seguendo gli standard dettati dal Basel Committee on Banking Supervision. Questo comprendeva essenzialmente complicate formule matematiche le quali non imponevano nessun limite reale. Con questa nuova libertà, le banche d'investimento aumentarono il rapporto debitorio fino a 40, come nel caso di Merrill Lynch. Questa super-leva non rese solamente le banche d'investimento più vulnerabili quando scoppiò la bolla immobiliare, ma consentì alle banche di creare un confuso groviglio di investimenti derivati, in maniera che un loro individuale fallimento, o un potenziale fallimento, comportasse una crisi sistemica. L'ex direttore della SEC, Chris Cox, ha ammesso che la regolamentazione volontaria fu un completo fallimento.

6. Globalizzazione della regolamentazione volontaria delle banche: praparativi per la ripetizione della crisi

Nel 1988, vennero adottate una serie di regole, conosciute come Basilea I, per imporre degli standard minimi relativi al capitale delle banche a livello globale. Procedure finanziarie complicate resero però difficile la verifica dell'adesione a questi criteri, portando alla negoziazione di nuove regole. Basilea II, pesantemente determinata dalle banche stesse, ha stabilito criteri di riserve bancarie variabili, basati su fattori soggettivi come i giudizi delle agenzie di rating o modelli interni alle banche di valutazione del rischio. L'esperienza della SEC con i principi di Basilea II ne illustra i difetti fatali. Le banche commerciali negli Stati Uniti avrebbero dovuto essere in linea con i criteri di Basilea II dall'aprile 2008, ma complicazioni e dispute all'interno dell'industria ne hanno rallentato l'applicazione.

7. Fallimento nella prevenzione delle irregolarità nei prestiti

Anche in un ambiente deregolamentato, si mantenne la possibilità di porre dei limiti agli abusi relativi alla concessione di prestiti. Questo avrebbe protetto i propietari di casa, e diminuito se non prevenuto la crisi finanziaria odierna. Ma i controllori rimasero a braccia conserte. La Federal Reserve prese tre provvedimenti contro i prestiti subprime dal 2002 al 2007. L'Ufficio di Controllo della Moneta, che ha autorità su circa 1800 banche, prese tre provvedimenti a difesa dei consumatori dal 2004 al 2006.

8. Ostruzionismo della Federal Reserve a leggi per la protezione dei consumatori

Quando gli stati cercarono di riempire il vuoto creato dalla non regolamentazione a livello federale, la Fed intervenne per fermarli. "Nel 2003", come racconta Eliot Spitzer, "durante l'apice della crisi di irregolarità nei prestiti, l'Ufficio di Controllo della Moneta invocò una clausola dal National Bank Act del 1863 per esporre delle obiezioni formali bloccando le leggi a tutela dei consumatori. Lo stesso ufficio promulgò inoltre nuove regole che vietavano ai singoli stati di rafforzare qualunque loro legge a tutela dei consumatori e contraria alle banche nazionali.

9. Disciplina sfuggente: responsabilità dell'acquirente di un prestito

Secondo la legislazione federale vigente, eccetto poche eccezioni, solo il prestatore iniziale è responsabile in caso di irregolarità del prestito, anche nel caso il prestito sia trasferito ad altri. Questo espediente ha sostanzialmente reso immuni gli acquirenti di prestiti da ogni problema legato all'origine di quest'ultimo, e li ha sollevati da ogni compito di controllo riguardante i termini del prestito. Gli operatori di Wall Street hanno potuto comprare, impacchettare e collegare ad obbligazioni i mutui subprime, molti dei quali irregolari, senza timore di essere chiamati a rispondere di eventuali irregolarità. L'espediente ha tolto alle vittime ogni possibilità di agire se non contro il primo prestatore, e normalmente senza nessuna difesa nel caso di insolvenze. Il deputato Bob Ney, R-Ohio, stretto amico di Wall Street il quale successivamente finì in prigione relativamente allo scandalo Abramoff, fu il maggiore esponente dell'opposizione ad una giusta legislazione nei confronti degli acquirenti di prestiti.

10. Fannie Mae e Freddie Mac accedono al mercato dei subprime

Al culmine del boom immobiliare, Fannie Mae e Freddie Mac erano tra i maggiori acquirenti nel mercato secondario dei subprime. Le agenzie governative finirono per detenere sostanziosi attivi subprime, almeno 57 miliardi di dollari. L'acquisto di attivi subprime fu un cambiamento rispetto alle pratiche precedenti, giustificato da teorie riguardanti l'espansione dell'accesso alla proprietà di una casa per le famiglie a basso reddito, e razionalizzato da modelli matematici ritenuti in grado di identificare e stimare il rischio secondo nuovi livelli di precisione. In realtà, la motivazione era la natura for-profit delle istituzioni ed i loro particolari schemi di incentivi ai dirigenti. Massicce pressioni, specialmente ma non solo da parte di Democratici amici delle istituzioni, permisero loro di divergere dalla loro tradizionale operatività sul mercato dei mutui più sicuri. Fannie Mae e Freddie Mac non sono responsabili della crisi finanziaria. Sono responsabili del loro fallimento, e della conseguente ricaduta economica sui contribuenti.

11. La follia delle fusioni

L'effettivo abbandono di regole contro il monopolio durante le ultime due decadi ha consentito una enorme concentrazione all'interno del sistema bancario, molto prima delle ultime mosse per unire aziende al fine di consentire il funzionamento del sistema stesso. Le mega-banche hanno raggiunto dei livelli così grandi da rendere pericoloso per il sistema un loro fallimento. Avrebbero quindi dovuto essere trattate come un servizio pubblico con regole e controllo del rischio maggiori, ma altre decisioni (inclusa l'abolizione della Glass-Steagall) permisero a queste istituzioni gigantesche di beneficiare di esplicite ed implicite garanzie da parte del governo federale, anche se perseguivano pericolosi investimenti ad alto rischio.

12. Conflitto di interesse crescente: il fallimento delle agenzie di rating

Le agenzie di rating sono un elemento essenziale nella storia della crisi finanziaria. Le obbligazioni strutturate collegate ai mutui erano attraenti per molti investitori in quanto promettevano alti rendimenti. Ma i fondi pensione ed altri investitori ebbero la possibilità di acquistarli in quanto le obbligazioni avevano dei giudizi molto elevati. Le agenzie di rating permisero a questi investitori di partecipare al mercato, emettendo giudizi elevati ad obbligazioni sostanzialmente ad alto rischio, come gli eventi successivi hanno rivelato. Le agenzie di rating hanno l'attitudine ad offrire giudizi favorevoli ai nuovi strumenti in conseguenza alla loro complessa relazione ed il loro desiderio di mantenere ed ottenere altri contratti con l'emittente. Questo conflitto di interesse avrebbe dovuto essere prevenuto dalla SEC, ma il Credit Rating Agencies Reform Act del 2006 diede alla SEC un'autorità di controllo insufficiente. In effetti, la SEC deve rilasciare un giudizio di approvazione alle agenzie di rating se queste aderiscono a dei loro criteri interni, anche se la SEC è a conoscenza delle manchevolezze dei criteri stessi.

estratto da:
Sold out: how Wall Street and Washington betrayed America

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