Ancora dati economici negativi: i nuovi ordini di beni durevoli sono diminuiti nel mese di gennaio del 5,2% rispetto al mese precedente e del 23,3% rispetto al gennaio 2008, quest'ultimo dato è il record negativo dall'inizio delle statistiche nel 1960.
Il dato non ha avuto ripercussioni immediate sull'indice di borsa per via del fatto che quest'ultimo, almeno per il momento, sconta già una parte delle notizie economiche negative.
Come si può notare dal primografico però, gli ordini di beni durevoli sono un buon anticipatore dell'andamento di borsa anticipandone le inversioni di tendenza di circa un anno.
L'ulteriore crollo di gennaio rende quindi difficile una ripresa economica a breve dell'economia.
Unica nota positiva è il calo, seppur limitato, delle scorte che scendono a gennaio dello 0,82% dopo essere cresciute quasi ininterrottamente negli ultimi cinque anni.
Diminuzione che però è poca cosa in confronto al crollo dei nuovi ordini, portando così il rapporto tra scorte ed ordini al livello massimo dal 1992 e rendendo necessarie ulteriori diminuzioni prima di poter assistere ad una ripresa.
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Dopo Corea del Sud e Cina, il processo di riaggiustamento dell'economia globale colpisce gravemente anche il Giappone: il dato sulla bilancia commerciale disegna infatti un quadro a dir poco preoccupante.
A gennaio le esportazioni sono scese del 15,7% rispetto al mese precedente e di un impressionante 45% rispetto al gennaio 2008.
A pesare maggiormente il calo dei prezzi generalizzato, meno 13,5% in un anno, ed una domanda dall'estero in diminuzione soprattutto per quanto riguarda gli autoveicoli, le cui esportazioni sono crollate del 66% in un anno.
Non molto meglio il dato delle importazioni, in calo del 7,3% rispetto a dicembre e di circa il 30% rispetto al gennaio 2008.
Anche in questo caso a pesare è soprattutto il crollo del prezzo del petrolio e delle materie prime di circa il 25% in un anno.
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"Vuoto", dice Jack Rodman, un esperto immobiliare, mentre indica, dalla finestra del suo ufficio al quarantesimo piano, un prisma di color argento che si innalza verso il cielo di Pechino. "Un bellissimo edificio, ma neppure un inquilino, completamente vuoto". "Vuoto". Questo è il ritornello mentre il suo dito saltella da un edificio all'altro, sempre più velocemente, e solamente pochi di essi sono a malapena occupati scarsamente.
L'espansione immobiliare ha avuto inizio a Pechino precedentemente alle Olimpiadi, riempiendo la seria capitale comunista di prodezze architettoniche angolate che primeggiavano sulle prime pagine dei giornali di design. Ora, a sei mesi dalla fine delle Olimpiadi, la città continua ad impressionare di notte, grazie ai neon ed alle luci diffuse sino all'orizzonte. Di giorno, invece, è evidente che molti sono edifici "invisibili", per usare un termine coniato durante l'espansione immobiliare degli anni '80 in Texas.
Secondo i calcoli di Rodman, 500 milioni di piedi quadri di edifici commerciali sono stati costruiti a Pechino dal 2006, più dell'intero spazio per uffici presente a Manhattan. E non sono inclusi i grossi progetti sviluppati dal governo. Egli sostiene che 100 milioni di piedi quadri di uffici sono sfitti, un'offerta per i prossimi 14 anni se venissero affittati ai ritmi migliori, dal 2004 al 2006, quando vennero occupati 7 milioni circa di piedi quadri all'anno.
"L'enorme sviluppo è stato senza precedenti nel mondo", dice Roadman, nato a Los Angeles ma che vive a Pechino e dirige una ditta chiamata Global Distressed Solutions. "E' una cosa contro logica, non ha nessun senso".
Le gru si scorgono ancora all'orizzonte, ma sempre più sono ferme, in attesa di nuovi finanziamenti per poter riprendere il lavoro. I cartelloni pubblicitari annunciano nuove attrazioni, "una iconica pietra miliare" o "paese delle meraviglie internazionale", che sono ancora da completare. Una zona commerciale in un progetto chiamato "La Vibrant shopping street" è vuota.
In un paese dove le proteste sono rare, i lavoratori immigrati si ritrovano di fronte a molti progetti in costruzione per dare voce alle loro proteste. "Il nostro datore di lavoro è scappato con il denaro ed è ora introvabile", dice Li Zirong, un lavoratore immigrato dalla provincia Shaanxi, che era responsabile di un edificio spettacolare con le finestre a forma di oblò.
Ciò che differenzia questo ciclo di espansione-recessione da quelli occidentali è il fatto che in Cina è assente la proprietà privata dei terreni, il che rende i governi locali soci di fatto dell'industria immobiliare, con grossi profitti derivanti dall'affito e dalla vendita dei terreni stessi.
Huang Yasheng, un economista del Massachusetts Institute of Technology, indica come responsabile della crisi il Partito Comunista Cinese e la sua resistenza verso una vera economia di mercato. "La mancanza di una riforma della terra ha alimentato la bolla immobiliare ed ora si sta riflettendo in negativo", dice Huang, autore di "Capitalismo con caratteristiche cinesi", pubblicato l'anno scorso. "Avrebbero dovuto esserci più controlli e contrappesi nei confronti dell'attività di acquisto dei terreni da parte del governo".
Il governo ha speso 43 milioni di dollari per le Olimpiadi, circa il triplo di qualsiasi altra città ospitante. Ma molte degli edifici si sono rivelati troppo grandi, costosi e più fotogenici che pratici.
Lo Stadio Nazionale, noto come il Nido degli Uccelli, ha solamente un evento in realizzazione quest'anno: una rappresentazione dell'opera "Turandot" l'8 agosto, il primo anniversario della cerimonia iniziale delle Olimpiadi. La squadra di calcio cinese più importante si è rifiutata di giocarci, affermando che sarebbe imbarazzante utilizzare uno stadio da 91000 posti per delle partite che normalmente attraggono 10000 spettatori. L'edificio, che costa 9 milioni di dollari l'anno di manutenzione, è destinato a diventare un complesso commerciale nei prossimi anni, ha annunciato il proprietario il mese scorso.
Uno stadio da baseball inaugurato la scorsa primavera con una partita tra i Dodgers ed i San Diego Padres è stato demolito. Il proprietario ha dichiarato anch'egli di voler utilizzare il terreno per un centro commerciale.
Tra gli edifici olimpici principali solo il Centro Acquatico Nazionale, soprannominato il Cubo d'Acqua, ha avuto una seconda vita produttiva. E' usato per spettacoli di suoni e luci, con fontane di luci danzanti nelle corsie di nuoto dove Michael Phelps ha conquistato le sue medaglie d'oro.
Tutto intorno al complesso olimpico, ci sono edifici vuoti e cupi, come il centro di informazione dei Giochi, ancora in attesa di occupanti. Una galleria commerciale che si estende per circa un quarto di miglio lungo la strada che parte dal complesso è vuota.
"Hanno voluto costruire 'il più grande al mondo questo' ed "il più grande al mondo quello', ma questi edifici hanno un beneficio economico di lungo periodo pari a zero", sostiene Huang.
Inoltre, lo svolgimento delle Olimpiadi di Pechino ha portato a circa un milione e mezzo di residenti sfrattati dalle proprie case, secondo il Center on Housing Rights and Evictions di Ginevra.
In questa stimolante città di 17 milioni di abitanti, c'è un'insaziabile domanda di case, ma i prezzi rimangono fuori dalla portata di molti residenti. Le case indipendenti in stile americano in comunità recintate con nomi come Versailles, Provende, Arcadia o Riviera, sono in vendita per più di un milione di dollari. All'interno della Fourth Ring Road, la circonvallazione che delimita la parte centrale della città, gli appartamenti di due o tre camere sono offerti a 800000 dollari in condomini come Central Park e Riverside.
"Questi sono prezzi simili a quelli di New York, ma noi siamo cinesi. Non abbiamo quelle somme di denaro", dice Zhang Huizhan, un imprenditore di 55 anni che possiede un'azienda di mobili cinese. Da cinque anni è alla ricerca di un appartamento per lui e la moglie con 150000 dollari a disposizione.
Il salario medio a Pechino è meno di 6000 dollari all'anno.
Louis Kuijis, economista della World Bank a Pechino, sostiene che una mancanza di supervisione da parte del governo sull'industria immobiliare ha spinto i costruttori a dedicarsi solamente al mercato del lusso ignorando il mercato di massa. "Se tu pensi che la domanda è infinita per qualsiasi tipo di costruzione ed hai solamente 200 metri quadri di terreno, costruirai appartamenti di lusso per trarne il profitto maggiore", afferma Kuijis.
Dal canto suo, il governo ha riconosciuto nel 2007 che il mercato immobiliare andava incontro ad una bolla, secondo gli economisti. Nel tentativo di rendere gli immobili più accessibili, furono introdotte delle restrizioni per la proprietà di seconde case e per gli acquirenti stranieri. Ma le misure arrivarono troppo tardi, accellerando il crollo in un mercato ormai debole.
L'Ufficio Municipale di Statistica di Pechino ha riportato che le vendite di case nella città sono scese del 40% l'anno scorso. Gli economisti cinesi prevedono che i prezzi scendano ulteriormente del 15-20% quest'anno a Pechino. Shanghai ha sofferto di un crollo simile.
"Si può guardare a questo processo come una correzione salutare per il mercato", dice Kuijs. Nel lungo periodo, dice, "l'urbanizzazione della Cina ed il suo ulteriore sviluppo porterà ad una crescita della domanda immobiliare molto forte nella città".
Prima che questo accada, la situazione potrebbe peggiorare. Molti degli immobili sono stati finanziati dalle banche cinesi, che hanno evitato di rettificare i prestiti. Nel caso fossero costrette a farlo in futuro, questo avrebbe probabilmente un effetto a catena su tutta l'economia.
"Alla fine, qualcuno deve pagarne le conseguenze", sostiene l'esperto immobiliare Roadman.
Beijing's Olympic building boom becomes a bust
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Negozi sfitti
Torna a scendere a febbraio l'indice PMI dell'eurozona dopo il legger
o aumento fatto registrare a gennaio.
In calo sia la componente relativa all'industria manifatturiera che si attesta a 33,6 contro i 34,4 di gennaio, ma soprattutto quella relativa ai servizi in calo di ben 2,3 punti da 42,2 a 38,9.
Il dato indica, con molta probabilità, un prodotto interno lordo ancora in calo nel primo trimestre del 2009 e soprattutto un ulteriore peggioramento della situazione sul fronte dell'occupazione.
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Philadelphia Fed index feb-09
Peggiora nuovamente l'indice che registra l'attività manufatturiera compilato dalla Federal Reserve di Philadelphia.
A febbraio l'indice è sceso a -41,3 contro il -24,3 di gennaio, livello più basso dal 1990.
Come si nota dal primo grafico sono tutte in negativo le componenti che formano l'indice, con gli indicatori riguardanti l'occupazione a guidare il crollo raggiungendo livelli mai raggiunti dal 1968, anno di costituzione dell'indice.
Una buona notizia arriva invece dall'indice che rileva l'attività futura, ovvero le aspettative delle imprese per i prossimi sei mesi, che a febbraio si attesta a 29,6 contro i 16,7 di gennaio mettendo a segno il quarto mese consecutivo di crescita.
Nel secondo grafico si può osservare come questo indice in occasione delle passate recessioni abbia anticipato la ripresa economica di circa un anno, dovesse quindi in futuro mantenersi in positivo questo indicherebbe un miglioramento dell'economia entro il primo trimestre del 2010.
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Piccole imprese soffrono
Indice PMI manifatturiero
Le banche sostengono di erogare prestiti ma provate a dirlo ai consumatori che hanno difficoltà ad ottenere un mutuo o un prestito tramite carta di credito o per l'acquisto di un automobile.
Nelle ultime settimane, i politici hanno accusato le istituzioni finanziarie di non estendere abbastanza il credito, nonostante il fatto di aver ricevuto miliardi di dollari dei contribuenti negli ultimi mesi.
Ma i dirigenti bancari, inclusi gli otto amministratori delegati delle maggiori banche che hanno testimoniato di fronte al Congresso la settimana scorsa, sostengono di aver continuato ad erogare nuovi prestiti e che il paese avrebbe dovuto affrontare una crisi di liquidità ancora peggiore nel caso il governo non fosse intervenuto con i programmi di salvataggio.
Ad ogni modo, è difficile negare il fatto che l'accesso al credito sia diventato più difficile. Una ragione, secondo gli esperti, consiste nel fatto che molte istituzioni non bancarie che erogano prestiti, spesso chiamate "sistema bancario ombra", hanno ritirato enormi quantità di finanziamenti dal sistema economico.
I fondi comuni d'investimento e le compagnie assicurative, per esempio, erano in passato usuali compratori di obbligazioni emesse da compagnie alla ricerca di liquidità, sostiene Rick Spitler, direttore dell'agenzia di consulenza Novantas a New York, che si occupa delle istituzioni finanziarie. Ciò non accade più, costringendo le compagnie a rivolgersi alle banche per il credito.
Inoltre, i grossi investitori finanziari come gli hedge funds o i fondi pensione non sono più interessati ad obbligazioni legate a mutui, carte di credito o prestiti commerciali, limitando la capacità da parte delle banche di erogare nuovo credito.
"Il sistema bancario ombra non ha ancora recuperato abbastanza ed il capitale bancario non è sufficiente a colmare il deficit di offerta creditizia", dichiara Spitler.
Alcune banche o finanziarie cooperative hanno cercato di sostituire le grandi istituzioni finanziarie nell'erogazione di credito ma non riescono a soddisfare tutte le richieste di prestito, dice Sherrill Shaffer, insegnante di scienze bancarie alla University of Wyoming in Laramie e che ha lavorato come capo economista alla Federal Reserve Bank di New York per buona parte degli anni '80.
Nonostante questo, molte banche si stanno comportando come sempre durante una recessione, restringendo ogni tipo di credito e cercando di detenere la maggior parte del capitale a garanzia di eventuali ulteriori perdite.
Queste giustificazioni non hanno soddisfatto i molti consumatori che hanno mandato mail a CNNMoney.com per condividere le proprie esperienze.
George, residente a Wake Forest N.C., ha scritto in seguito alla testimonianza dei principali CEO delle banche davanti al Congresso, lamentandosi del fatto che Citigroup ha recentemente aumentato il tasso di'interesse sulla sua carta di credito dal 6% al 15% a causa dei costi di finanziamento più alti.
Anche le piccole imprese ne hanno risentito. Chris, vice presidente di un'impresa di commercio al dettaglio di Kansas City con più di 500 dipendenti, dice che la sua azienda sta ora incontrando molte difficoltà a trovare un prestito dopo che Bank of America ha chiuso la sua linea di credito.
Un altro piccolo imprenditore che possiede una ditta di costruzioni vicino a Savannah, Ga, dice di non essere riuscito ad ottenere un finanziamento da cinque diverse istituzioni, tra le quali il gigante regionale SunTrust, per l'acquisto di un terreno. "Benvenuti nel nostro incubo bancario", ci ha scritto.
Le banche contattate al riguardo, tutte beneficiarie di aiuti da parte dello stato, hanno dichiarato che stanno semplicemente cercando di gestire il rischio nell'attuale situazione creditizia e che alcuni cambiamenti subiti da consumatori o imprenditori sono giustificati in molti casi.
"Tutte le nostre decisioni riguardanti il credito sono prese nell'interesse dei nostri clienti, della nostra compagnia e degli investitori", ha dichiarato Wells Fargo in un comunicato.
Citigroup, che ha ricevuto 45 miliardi di dollari dal governo, dice di voler cambiare il tasso di interesse sulle carte di credito che non hanno subito variazioni negli ultimi due anni ed ha aggiunto che i clienti possono comunque rifiutare e continuare ad usare le proprie carte fino alla scadenza. "Stiamo attuando questi cambiamenti al fine di poter continuare ad erogare prestiti in questa situazione", ha dichiarato il portavoce di Citigroup Samuel Wang in un comunicato.
Altri esperti sostengono che le banche stanno innalzando i requisiti necessari, ma solamente nei confronti dei clienti a basso reddito.
Un sondaggio in rete su più di 1000 persone condotto a dicembre da Synergistics Research, una ditta di Atlanta specializzata in ricerche di mercato nel settore finanziario, ha rivelato che un consumatore su sei si è visto negato il credito negli ultimi tre mesi. Ma per le famiglie con reddito inferiore ai 50000 dollari l'anno, la percentuale sale al 25%.
Quindi qual'è il candidato ideale per ottenere un prestito oggigiorno?
"Qualcuno che non abbia nessun bisogno di denaro", dice Charles Wendel, che dirige Financial Institutions Consulting, una ditta di consulenza bancaria del Connecticut. Il credito rimane disponibile per quei consumatori con un'alto indice di solvibilità, un lavoro stabile ed una casa di alto valore, afferma Wendel. In altre parole, le banche stanno cercando di minimizzare il numero delle insolvenze. "Le banche stanno limitando le loro carte di credito", dice. "Stanno prestando ma prestano in maniera più selettiva".
Tuttavia, molti lettori hanno segnalato di aver avuto difficoltà ad ottenere un prestito nonostante non aver mai mancato un pagamento in passato.
Why you can't get a loan
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Credito difficile (pt. II)
Sono stati rilasciati dati preliminari sul prodotto interno del Gia
ppone nel quarto trimestre del 2008, che mostrano un'economia giapponese sempre più in difficoltà.
La contrazione è stata del 3,3% rispetto al trimestre precedente, il dato peggiore negli ultimi 35 anni, provocato in grandissima parte da un crollo verticale delle esportazioni, scese del 13,9% rispetto al trimestre precedente, un calo mai verificatosi in passato.
Nei grafici a fianco abbiamo voluto mostrare come negli ultimi 20 anni la situazione economica giapponese abbia continuato a peggiorare quasi ininterrottamente.
Nel primo grafico si può notare il crollo dell'indice di borsa Nikkei 225, che ha perso il 70% del suo valore nonostante gli interventi a sostegno dell'economia siano stati molti ed abbiano fatto lievitare enormemente il debito pubblico totale, aumentato del 277% circa.
Ciò ha portato il debito pubblico al 200% del prodotto interno lordo, senza peraltro ottenere risultati significativi neppure su quest'ultimo, cresciuto in media solamente dell'1,67% annuo.
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Sarà un altro Giappone?
Continua la corsa dei prezzi dei credit default swaps, ovvero costa sempre di più assicurarsi contro il fallimento di qualsiasi emittente di obbligazioni.
A cominciare dai paesi stessi, per continuare con le agenzie governative, le istituzioni finanziarie ed infine ogni tipo di emittente privato più o meno solvibile, tutti hanno visto aumentare di molto il prezzo pagato per assicurarsi da una loro possibile bancarotta.
Nell'ultima settimana a farne le spese è stata in particolare l'Irlanda, che ha visto il costo dei credit default swaps a 5 anni crescere di circa il 35% in una sola settimana, superando in questa speciale classifica la Grecia.
La causa principale ovviamente sta nei continui interventi dei governi in soccorso delle banche insolventi ed in sostegno all'economia dei vari paesi.
Interventi che hanno prodotto in alcuni casi delle situazioni difficilmente immaginabili fino a pochi mesi fa, come il fatto che alcune banche abbiano un rischio default inferiore ai paesi che, in questo momento, garantiscono sui depositi delle banche stesse.
In particolare questo è valido per le banche italiane, come Unicredit, e per quelle inglesi, Lloyds TSB e HSBC.
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Stati Uniti e Regno Unito sull'orlo di un disastro del debito
Ecuador in default
Italia a rischio default
La tabella a fianco è relativa al traffico di merci su rotaie fatto registrare a gennaio rispetto allo stesso mese dell'anno scorso sulle principali linee ferroviarie americane.
Il crollo avuto conseguentemente alla crisi economica è impressionante, delle 19 categorie di merci solo quella relativa alle merci varie è in aumento di un misero 2%.
Tutte le altre hanno fatto registrare diminuizioni record, a partire dal -63% degli autoveicoli, seguiti dai metalli ferrosi in calo del 55,5%.
Ma il crollo ha riguardato anche i prodotti alimentari, il trasporto di grano è sceso del 27% mentre quello degli altri prodotti agricoli del 48% circa.
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Baltic dry index e la globalizzazione
Secondo due report dell'agenzia di rating indipendente DBRS sarà un altro anno molto difficile per la finanza strutturata. Nei due report vengono analizzate le molte criticità rigua
rdanti i rendimenti e le nuove emissioni di obbligazioni strutturate e ne esce un quadro per nulla rassicurante per i prossimi anni.
Il primo report è dedicato alle obbligazioni collegate ai mutui residenziali, il comparto che più ha risentito delle distorsioni degli anni passati. Nel 2008 questo mercato si è praticamente bloccato e le emissioni di nuove obligazioni sono scese del 93,5% rispetto al 2007. A pesare in futuro saranno però soprattutto le obbligazioni emesse negli ultimi due anni, le quali hanno visto il valore degli immobili crollare senza sosta; ed in particolare quelle che hanno come collaterale mutui a tasso variabile legati ad opzioni (option ARMs), ovvero mutui per i quali le rate iniziali, normalmente nel primo e secondo anno, sono di molto inferiori a quelle che dovranno essere versate successivamente. Ovviamente molto dipenderà dall'andamento dei prezzi immobiliari che, in caso di ulteriori svalutazioni, potrebbero innescare nuove vendite cosidette "short sales" e nuovi pignoramenti.
Nel secondo report vengono analizzati tre altri tipi di obbligazioni strutturate, in particolare quelle legate ai prestiti studenteschi, alle carte di credito ed ai prestiti del settore auto. In questo caso l'elemento che avrà il maggior peso sarà il tasso di disoccupazione. In caso dovesse continuare ad aumentare non è difficile prevedere un conseguente aumento nei mancati pagamenti di rate da parte dei debitori.
le ricerche possono essere scaricate a questi link:
RMBS: 2008 year in review and outlook for 2009
ABS : 2008 year in review and outlook for 2009
vedi anche:
La triste fine della finanza strutturata
Continua a non dare segni di ripresa l'economia americana, anche a gennaio l'indice che riflette le aspettative delle piccole imprese (small business optimism ind
ex) scende perdendo 1,1 punti, e attestandosi a 84,1 ovvero la seconda rilevazione più bassa della sua storia che risale al 1974.
A pesare sull'indice sono in particolare le aspettative di ulteriore riduzione delle scorte da parte delle imprese ed il calo fatto registrare dagli utili.
Dal primo grafico, il quale riporta l'andamento delle scorte correnti (linea blu) e delle scorte future (linea rossa), si può notare come, nonostante la forte riduzione delle scorte correnti che si è verificata nel 2008, le piccole imprese continuino a ritenere il livello delle scorte troppo alto e pensino di ridurle ulteriormente nei prossimi tre mesi.
Nel secondo grafico è invece riportato l'andamento degli utili che ha raggiunto a gennaio il livello più basso dal 1974 quando è iniziata la rilevazione.
vedi anche:
Indice PMI manifatturiero
Il tasso di disoccupazione continua la propria corsa al rialz
o passando dal 7,2% di dicembre al 7,6% raggiunto nel mese di gennaio 2009.
La situazione non vede, per il momento, nessun segno di miglioramento. Anzi, a peggiorare maggiormente sono anche i tassi riguardanti la disoccupazione che includono anche altre categorie di lavoratori disoccupati i quali però non rientrano nel tasso ufficiale in quanto non hanno cercato un lavoro nelle ultime quattro settimane.
Tra questi i lavoratori che hanno smesso di cercare un lavoro perchè ritengono che non ci sia al momento nessuna possibilità di trovarlo (discouraged workers) oppure per altri motivi familiari o scolastici (other marginally attached workers).
Queste categorie sono anch'esse in continuo aumento come si nota dal primo grafico, e sono ora sui livelli massimi da quando vengono rilevate le statistiche, ovvero dal 1994.
Tenendo conto di questi lavoratori il tasso di disoccupazione risulta quindi più elevato, a gennaio dell'8,8% contro il 7,6% ufficiale, come mostrato dal secondo grafico.
vedi anche:
Ciclo economico a ritroso?
Occupazione senile, disoccupazione giovanile
Ancora in calo i nuovi ordini all'industria, scesi a dicembre del 3,9% rispetto al mese precedente, rivisto al ribasso anche il dato di novembre in calo del 6,5%.
A soffrire maggiormente sono ancora i beni non durevoli scesi del 4,77% contro un calo del 2,99% dei beni durevoli, ma il calo degli ordini colpisce tutti i settori nessuno escluso.
Continua anche l'andamento anomalo delle scorte di beni durevoli, ancora in crescita, nonostante il brusco calo delle vendite, del 7,09% rispetto a dicembre 2007 contro un calo del 4,33% delle scorte di beni non durevoli.
I grafici riportano l'andamento delle scorte suddivise nelle tre tipologie, scorte riferite a materiali non ancora in lavorazione (linea rossa), scorte riferite a prodotti in lavorazione (linea blu) e scorte di prodotti finiti (linea verde).
Si può notare come se per quanto riguarda i beni non durevoli, l'andamento delle scorte è simile per i tre comparti ed è in costante calo a partire dal mese di agosto 2008, questa riduzione non si è invece verificata per quanto riguarda le scorte di beni non durevoli, le quali vedono ancora in crescita la componente maggiore ovvero quella riguardante i prodotti in lavorazione.
Tutto ciò potrebbe significare che il calo degli ordini non sia ancora terminato, ma soprattutto che i tempi per una ripresa siano ancora lunghi.
vedi anche:
Factory orders nov-08
I grafici a fianco forniscono un ulteriore confronto con le dieci recessioni avvenute dal dopoguerra ad oggi, osservandone il comportamento relativo all'occupazione ed al prodotto interno lordo reale.
Nel primo grafico si può notare come la recessione odierna (linea nera) sia al momento perfettamente corrispondente alla media delle passate recessioni (linea rossa), questo nonostante il forte peggioramento fatto registrare negli ultimi quattro mesi.
Vediamo però come in passato questo sia stato in media il momento peggiore, infatti dal tredicesimo mese successivo all'inizio della crisi si nota un miglioramento sul fronte dell'occupazione, cosa che probabilmente non avverrà in questo momento date le notizie negative che continuano ad arrivare dal mercato del lavoro.
Sembra al momento invece più probabile un andamento simile alla recessione del 1981 se non addirittura alle recessioni precedenti agli anni '60, quando l'impatto sull'occupazione fu molto più forte raggiungendo un minimo del 5% contro l'1,9% che stiamo registrando al momento.
Nel secondo grafico si può invece osservare l'andamento del pil reale nei trimestri successivi all'inizio della recessione, al momento in calo dello -0,2% (linea nera) contro una media delle recessioni passate del -0,6% (linea rossa).
Anche in questo caso però si può notare come il quinto trimestre dopo l'inizio della recessione abbia portato mediamente ad un netto miglioramento del pil che passa da un -0,6% ad un dato positivo dell'1,1%, situazione che difficilmente si verificherà in questo caso e che indica come questa recessione è potenzialmente tra le più gravi e durature del dopoguerra.
vedi anche:
A che punto siamo?
Un confronto con il passato
Il dato relativo al reddito personale americano continua a dare in
dicazioni divergenti per quanto riguarda il breve ed il medio-lungo periodo.
Nel mese di dicembre continuano a scendere il reddito pro-capite ed il reddito pro-capite disponibile, entrambi in calo dello 0,2% rispetto al mese precedente.
Il dato più preoccupante per l'economia nel breve periodo è però quello relativo ai consumi, in calo rispetto al mese precedente dell'1% e rispetto al dicembre del 2007 dell'1,06%, ed è la prima volta da quando sono disponibili i dati che la variazione annua è negativa (vedi primo grafico).
Due notizie fondamentalmente positive per l'economia nel medio-lungo periodo arrivano però sia dalle retribuzioni reali, in positivo per il secondo mese consecutivo, e soprattutto dal tasso di risparmio che conferma ulteriormente la tendenza in crescita degli ultimi mesi.
vedi anche:
Personal income and outlays nov-08
Come era nelle attese è sceso il prodotto interno lordo a
mericano nel quarto trimestre del 2008 ad un tasso annuo del 3,8%, dato migliore delle attese che erano per una contrazione del 5% circa.
A pesare negativamente sono soprattutto i consumi privati scesi del 3,5% rispetto al trimestre precedente, con la vendita di autovetture in calo del 38,3% e quella di cibo del 13,8%, e gli investimenti privati scesi del 12,3% con un crollo degli acquisti di mezzi di trasporto scesi del 75,7%, delle attrezzature informatiche in calo del 30,6% ed ancora una volta degli investimenti residenziali in calo del 23,6%.
Il dato finale del GDP avrebbe potuto essere ancora peggiore non fosse per il contributo positivo apportato dall'aumento delle scorte private, le quali hanno contribuito ad un aumento dell'1,32% del dato.
Il fatto però che le scorte aumentino non è però una buona notizia, in quanto è probabile che in futuro le imprese adeguino la produzione al rapido calo delle vendite, e che quindi questo possa portare ad un ulteriore diminuzione del DGP ed un peggioramento della situazione occupazionale.
vedi anche:
A che punto siamo?
noitalfed:1102